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Solo 5% servizi giornalistici sui migranti minori dà loro voce

Solo 5% servizi giornalistici sui migranti minori dà loro voce

Unicef-Carta di Roma,cambiare narrazione responsabilità di tutti

ROMA, 27 febbraio 2025, 13:46

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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In media solo nel 5% dei servizi giornalistici che riguardano i minorenni non accompagnati si dà voce a ragazze e ragazzi. Sette pezzi su 10 riguardano tragedie in mare, problemi legati all'accoglienza e politiche migratorie, con poco spazio dedicato a storie di inclusioni. Sono alcuni dei dati del rapporto "Tra realtà e rappresentazione minorenni migranti e rifugiati nei media e il ruolo dell'informazione" presentato oggi da Unicef e dall'associazione Carta di Roma.
    L'indagine, realizzata dall'Osservatorio di Pavia, analizza le caratteristiche della rappresentazione mediatica dei minorenni migranti e rifugiati nei programmi di infotainment, telegiornali, stampa e nei social media. Dall'indagine emerge che, sebbene il tema sia affrontato in media in circa 500 articoli ogni mese e ottenga circa 5000 menzioni per mese sui social media, alcuni elementi si ripetono con frequenza in tutti i media analizzati. Se sui programmi di infotainment selezionati con focus migrazione, il tema delle e dei minorenni è coperto dal 46% dei programmi, nei tg solo l'1,4% del campione ne fa riferimento, il 10% degli articoli nella stampa. Si rileva infatti una tendenza a rappresentare bambine, bambini e adolescenti attraverso il loro status migratorio prima che come persone di minore età, con le loro vulnerabilità e con i diritti riconosciuti in quanto tali. In media nei tg e nella stampa il 35% delle persone che intervengono sul tema sono politici ed esponenti istituzionali, nel caso dell'infotainment 3 su 10 sono invece politici e giornalisti. Si parla di minorenni migranti ma le loro voci sono spesso assenti dalla narrazione: rappresentano il 9% delle persone che intervengono sul tema nei programmi di infotainment, una percentuale che scende al 5,7% nella stampa, allo 0,1% nei telegiornali del prime time. Emerge infine un linguaggio che, viene fatto notare, risulta troppo spesso caratterizzato da "etichette stigmatizzanti o generalizzazioni, che possono, anche involontariamente, contribuire alla diffusione di stereotipi o a diffondere informazioni poco accurate spesso alla base di disinformazione". Se i social media danno spazio anche ad angoli di racconto diversi, presentano però maggiore polarizzazione e maggiore rischio per via della mancanza di regolamentazione di diventare veicolo di disinformazione. "Cambiare la narrativa sulla migrazione è una responsabilità che coinvolge tutti noi, come individui e come società, in particolare per chi opera nell'ambito dell'informazione e della comunicazione. Bisogna parlare meno di "minori stranieri", più di bambine, bambini e adolescenti, portatori di diritti e aspirazioni al pari di ogni loro coetaneo. Bisogna dare spazio alle loro voci" ha detto Nicola Dell'Arciprete, coordinatore in Italia dell'Ufficio Unicef per l'Europa e l'Asia centrale. La presentazione è avvenuta nel corso di un modulo di formazione per giornalisti, realizzato in collaborazione con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti.
   

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