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Tarzia (FI), sul Fine vita non serve una legge nazionale

Tarzia (FI), sul Fine vita non serve una legge nazionale

Da alcune Regioni fughe in avanti, rischio turismo di morte

ROMA, 14 febbraio 2025, 11:56

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Io credo innanzitutto che rispetto a un tema che, come questo, coinvolge la vita delle persone, bisogna avvicinarsi in punta di piedi". "Una legge nazionale non serve, c'è certamente da declinare determinate indicazioni che già sono arrivate dalla Consulta, ma già si sta lavorando in Commissione giustizia al Senato. È un tema che coinvolge vari aspetti da un punto di vista etico, da un punto di vista giuridico, sociale, sanitario, amministrativo e politico". Così Olimpia Tarzia, responsabile nazionale del dipartimento Bioetica e Diritti Umani di Forza Italia, parla del fine vita su Radio Cusano Campus.
    "Sul piano giuridico - continua Tarzia - in Toscana si è interpretato ciò che ha detto la Consulta come un diritto a morire, che però non esiste: la Consulta non ha mai parlato di questo. Sia la sentenza 242 del 2019 che la 135 del 2024 escludono chiaramente che si possa arrivare a una sorta di diritto alla morte, anzi ribadiscono che tutto il nostro ordinamento tutela e riconosce il diritto alla vita come primo diritto fondamentale. È chiaro che poi va valutata, in determinate situazioni molto circoscritte, l'eventuale non punibilità. Qui c'è una manipolazione totale proprio da un punto di vista giuridico di quanto ha detto la Consulta. Sul piano sanitario amministrativo, parto da un concetto di base: le Regioni non hanno competenza in materia di leggi che riguardano l'intera comunità nazionale. Queste fughe in avanti - conclude Tarzia - le considero delle fughe all'indietro, perché veramente si va contro quelli che sono i diritti umani. Sono però assolutamente incostituzionali. C'è chiaramente una spinta di impostazione ideologica in alcune Regioni, ma c'è anche una disparità: se, ad esempio, la Toscana parte con questo tipo di azioni e di atti amministrativi sanitari, si crea comunque una disparità a livello nazionale, e questo non è accettabile.
    Rischiamo di fomentare una sorta di turismo di morte, non saprei come chiamarlo", aggiunge.
   

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