C'è la domanda di ammissione da
inviare un mese prima, ci sono poi, entrati dal portone nelle
mura della possente, elegante fortezza medicea che fa da carcere
a Volterra, i controlli, la consegna dei cellulari e l'ingresso
nel cortile interno, passando cancelli e inferriate, ma quando
vi si arriva si è subito coinvolti e trascinati dalla vitalità,
dalla forza, il movimento di quel che vi accade, con i carcerati
che mettono in scena Atlantis (capitolo 1 - La Permanenza)
assieme e sotto la guida di Armando Punzo.
Punzo lavora tra quelle mura e vi ha costruito, con la
direzione organizzativa di Cinzia de Felice, la Compagnia della
Fortezza 35 anni fa e proprio quest'anno la Biennale Teatro lo
ha premiato con un Leone d'oro alla carriera. Il lavoro di
questo regista è un continuum, che rimanda il proprio discorso
da un anno all'altro e ogni volta nasce durante dodici mesi con
riunioni, discussioni, messe a punto del testo e prove, per
arrivare poi a vivere una rappresentazione diffusa, con l'azione
collettiva nel grande cortile dell'ora d'aria e monologhi a
contatto diretto col pubblico nei corridoi e nelle celle, tutte
addobbate e coperte dai dattiloscritti dei testi.
Il lavoro di Punzo diventa sempre più creativo, astratto,
allusivo ed egli stesso lo presenta questa volta scrivendo:
"Negli ultimi lavori, abbiamo dato vita a un Lui simbolico che
non accetta l'esistente per quello che è. La sostanza, la
bellezza della conoscenza è la consapevolezza alla quale Lui
perviene, è l'accesso a un livello superiore. Adesso la ricerca
non è più (solo) verticale, ma (anche) orizzontale". Ecco quindi
che l'invito a non farsi illudere dalla superficie delle cose
porta Punzo a disegnare col gesso grandi cerchi bianchi su basi
nere che gli altri gli porgono e che chiama buchi nella realtà.
È una sorta di danza e corsa lungo tutto il cortile,
l'introduzione ai vari monologhi che si svolgeranno all'interno,
mentre il pubblico passa da un punto, da un attore all'altro,
che propone discorsi "oltre i limiti", in nome dell'"eresia" che
non accetta il codificato e della "libertà di parola", con la
convinzione di chi afferma "io non mi possiedo. Io sono infinite
possibilità".
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