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Vini 'nolo' senza o basso alcol, in crescita del 38% al 2028

Vini 'nolo' senza o basso alcol, in crescita del 38% al 2028

Uiv,in Italia no-alcohol drinkers sono il 7% tra enoappassionati

VERONA, 08 aprile 2025, 12:38

Redazione ANSA

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Un mercato globale attuale da 2,4 miliardi di dollari che punta a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028. Sono i numeri dei No-Lo (no e low alcohol) secondo l'analisi dell'Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su base dati Iwsr, presentata oggi a Vinitaly nel corso del convegno "Zero alcohol e le attese del mercato". Stando ai dati elaborati dall'Osservatorio, in un mercato relativamente maturo come quello degli Usa 7 consumatori di no-alcohol wine su 10 bevono anche vino tradizionale, e il tasso di penetrazione di no-alcohol drinks è attorno al 10% sia tra i bevitori di vino che tra gli astemi (12%). Un allineamento che si non è ancora registrato in Italia, dove i no-alcohol drinkers sono il 13% tra gli astemi e solo il 7% tra i consumatori di vino. Nicchia di mercato nella duplice veste zero e low, con un tasso di crescita annuale composto (2028/24) dell'8% a valore e del 7% a volume i No-Lo rappresentano un segmento in crescita in un contesto che vede il vino in arresto o stabile sia sul fronte dei volumi (-0,9%) che dei valori (+0,3%). In questo contesto, i dealcolati - che al contrario delle altre categorie No-Lo sono riconosciuti come vini - potranno e dovranno trovare un loro posizionamento.
    Oltre l'80% delle vendite è realizzato in cinque Paesi, con gli Usa a dominare il mercato con uno share a valore del 63%, seguiti da Germania (10%), Uk e Australia (entrambe al 4%) e Francia (2%). Ancora molto marginale il consumo in Italia, dove i No-Lo valgono lo 0,1% sul totale delle vendite di vino. "Da questa edizione di Vinitaly abbiamo uno spazio interamente dedicato alla degustazione di prodotti No-Lo in area Mixology che sta registrando grandissimo interesse sia da parte degli operatori e dei visitatori in fiera" ha sottolineato il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo. "Dobbiamo analizzare il fenomeno come un'opportunità aggiuntiva, certo non risolutiva per il vino italiano - spiega Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv) -. Tassi di crescita così elevati riflettono un calcolo numerico a partire da numeri molto bassi, ma resta il dato tangibile di un interesse per un mercato che può rappresentare un alleato importante per le cantine italiane. A fare la differenza sarà la qualità del prodotto".
   

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