"Le conclusioni dell'avvocatura
generale della Corte di Giustizia dell'Ue contengono una serie
di paletti che sconfessano, di fatto, il tentativo del governo
di erodere l'accesso al diritto all'asilo col modello Albania".
Lo ha detto Cecilia Strada, eurodeputata Pd.
"Secondo la Corte, infatti, gli Stati membri possono sì
attribuire lo status di Paese di origine sicuro indicando
categorie limitate di persone a rischio di persecuzioni o
violazioni gravi, ma solo a due condizioni: che si tratti di
regimi pienamente democratici e che quelle persone siano escluse
dalla presunzione di sicurezza. Non può valere quindi per Paesi
come Tunisia o Egitto, al centro di involuzioni democratiche e
dove discriminazioni, persecuzioni politiche o violenze contro
le minoranze sono all'ordine del giorno. Significa che chiunque
provenga da questi Paesi e chieda asilo deve poter far richiesta
con tutte le garanzie del caso. E quindi non con procedure
accelerate, in una manciata di giorni, in condizioni di stress
estremo, dopo lunghe traversate in mare e senza un adeguato
diritto alla difesa come accaduto in Albania. Non meno
importante, secondo la Corte, i giudici possono effettuare tutti
i controlli di legittimità del caso e i governi non possono
omettere le informazioni che li hanno portati a decidere che
questo o quel Paese è sicuro, come invece ha fatto l'Italia.
Qualora accada, per assicurare il pieno rispetto delle garanzie
procedurali previste dal diritto europeo, l'autorità giudiziaria
può ricorrere ad altre fonti citate nella direttiva. Una
direttiva che ad oggi, è bene ricordarlo, è ancora in vigore.
Ora - conclude Strada - aspettiamo la sentenza definitiva che
dovrebbe arrivare nelle prossime settimane ma intanto, come
denunciamo da mesi, sono palesi le forzature che il governo sta
provando a mettere in atto per tenere in piedi un modello che fa
acqua da tutte le parti".
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