BRUXELLES - E' la settimana della verità per Ursula von der Leyen e il Pfizergate. Mercoledì 14 la giustizia Ue si pronuncerà in primo grado sul ricorso presentato dal New York Times che, nel pieno della pandemia, si vide negare l'accesso agli sms scambiati tra la presidente della Commissione e il ceo di Pfizer, Albert Bourla, durante i negoziati che portarono al maxi-accordo sui vaccini finalizzato nel maggio 2021. La sentenza - da alcuni già definita storica - è molto attesa non solo per le sue implicazioni giuridiche, ma anche per il potenziale impatto politico sulla leadership della tedesca al suo secondo mandato alla guida dell'esecutivo comunitario. Il caso ruota attorno all'ipotesi che la Commissione europea abbia violato le regole sulla trasparenza. Nella tesi di Bruxelles, quei messaggi non rappresentavano documenti ufficiali e il loro contenuto è stato derubricato a un semplice scambio organizzativo, senza informazioni "sostanziali" ai fini della stipula del contratto più imponente firmato con le case farmaceutiche. "Non abbiamo negato l'accesso, ma non li abbiamo identificati come rilevanti", hanno precisato alti funzionari, citando le regole interne che prevedono la conservazione soltanto dei messaggi utili all'attività politica o amministrativa. Il team legale Ue rivendica poi l'azione di von der Leyen in un "contesto eccezionale": una crisi sanitaria globale mai affrontata prima, senza una legislazione europea che - al contrario degli Stati Uniti - permettesse di obbligare le aziende a produrre in via prioritaria per il pubblico. "Questi contratti andavano inventati da zero", si sottolinea a Palazzo Berlaymont.
A rivelare l'esistenza degli sms fu lo stesso ceo di Pfizer, Albert Bourla, che nel 2021 in un'intervista al New York Times parlò di uno "scambio" di "profonda fiducia" con von der Leyen per facilitare l'accordo. L'ex mediatore europeo Emily O'Reilly, nella sua analisi, definì poi la gestione della Commissione "cattiva amministrazione", criticando inoltre l'assenza della presidente all'unica udienza sul caso tenutasi finora, nel novembre scorso: "L'elefante nella stanza. L'unica persona che poteva chiarire tutto non c'era", disse O'Reilly, il cui mandato è scaduto a febbraio. Bruxelles, dal canto suo, da mesi si difende strenuamente richiamando la sua politica della "trasparenza attiva" e un sistema di controllo che "ha permesso di approvare oltre 150 richieste di accesso agli atti relativi ai vaccini". Ma resta un paradosso: anche se il tribunale Ue dovesse condannare l'esecutivo di von der Leyen, la sentenza potrebbe rivelarsi inapplicabile. Fonti europee sottolineano che non spetta alla presidente decidere cosa conservare in archivio. Gli sms potrebbero dunque già essere stati eliminati: le norme interne prevedono infatti la cancellazione automatica delle e-mail considerate non rilevanti dopo sei mesi, mentre per i messaggi di testo non esiste alcun limite temporale definito.
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