(di Mauretta Capuano)
Romanzo storico, dramma epico 'La
promessa' , con cui lo scrittore sudafricano Damon Galgut ha
vinto il Booker Prize 2021, è "il più sudafricano" , dice, dei
libri che ha scritto. "Ho esitato perché dubitavo si potesse
comprendere e far apprezzare altrove e per me è stata una
sorpresa che sia riuscito a toccare certe corde universali.
Bisognava che raggiungessi una certa età per fare questo libro
dove non ho voluto trasferire l'identità sudafricana ma
abbracciarla" ha spiegato Galgut, tra i più attesi protagonisti
della giornata di chiusura di 'Libri come', in un incontro
condotto da Goffredo Fofi alla Festa del Libro e della Lettura
all'Auditorium Parco della musica di Roma. E della situazione
culturale nel suo Paese e dell'Africa grande protagonista nel
2021 della scena letteraria con il suo Booker Prize e il Nobel
ad Abdulrazak Gurnah, dice: "Sotto apartheid i libri avevano una
grande importanza, sono stati una forma di resistenza come
quelli della Premio Nobel Nadine Gordimer. Caduto l'apartheid i
libri non hanno più lo stesso impatto di quei decenni terribili.
Non vengono messi al bando, non sono più pericolosi" sottolinea
Galgut. In Sudafrica "c'è un serbatoio enorme di talenti
letterari. Una discreta varietà di piccole case editrici e
scrittori di tanti colori di pelle, ma mancano i lettori, il
pubblico. Esistono i festival ma sono pochi. Bisognerebbe
invogliare alla lettura, sviluppare la cultura della lettura che
non è stata incoraggiata dalle autorità sudafricane dalla fine
dell'apartheid. Ma ci vorranno ancora anni. Mi piacerebbe che
qui, al posto mio, ci fosse uno scrittore nero" spiega Galgut
applauditissimo.
Tra gli scrittori di maggior successo della generazione
letteraria sudafricana post-apartheid, Galgut, che vive a Città
del Capo ed è nato a Pretoria nel 1963, della guerra in Ucraina
dice all'ANSA: "La situazione mi turba profondamente. E' la
prima volta da anni e anni che noi in Sudafrica quando guardiamo
al futuro ci sentiamo più sicuri di voi europei. Non ho idea di
come finirà. Chi può saperlo meglio di voi?". Già due volte
finalista al Booker Prize, nel 2003 e nel 2010, ne 'La
promessa', pubblicato in Italia da Edizioni E/O nella
traduzione di Tiziana Lo Porto, Galgut dà voce a una saga
familiare moderna che vede protagonista la famiglia Swart. Dopo
la morte della loro matriarca, perseguitati da una promessa non
mantenuta, gli Swart si perdono di vista. Alla deriva, le vite
dei tre figli della donna procedono separatamente lungo le acque
inesplorate del Sudafrica. Sono: Anton, il ragazzo d'oro
amareggiato dal potenziale inespresso che è la sua vita;
Astrid, il cui potere sta nella bellezza e la più giovane; Amor,
la cui vita è plasmata da un nebuloso senso di colpa. La
famiglia in declino si ritrova per quattro funerali nel corso di
tre decenni e rispecchia l'atmosfera di risentimento,
rinnovamento e speranza del suo Paese. "L'idea che ha messo in
moto la scrittura di questo libro sono stati i funerali dei
membri di questa famiglia che si svolgono in decenni diversi
della storia in Sudafrica. L'idea della promessa è arrivata
dopo. La prima è stata il passaggio del tempo non solo storico,
ma della nostra vita, del nostro corpo e modo di pensare. La
presenza femminile è senz'altro fondamentale in questo percorso
e alimenta la narrazione. Per raccontare i cambiamenti che il
tempo produce nel corpo delle donne, mi sono consultato con
molte amiche". E fondamentale è il rapporto con la terra. "La
terra è al centro della riflessione in Sudafrica. La terra chi
la ha tolta a chi? A chi appartiene? Cosa succede quando le
persone non mantengono le promesse fatte?" sottolinea Galgut.
Romanzo irrequieto, 'La promessa' ha "una scrittura
febbrile, che procede a balzelli, come la macchina da presa nel
cinema. La citazione di Federico Fellini in epigrafe è quanto
mai calzante perché ha usato la macchina da presa come fosse un
personaggio" spiega Galgut che nel 2013 è stato inserito
nell'American Academy of Arts and Letters.
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