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Anastasio, non sono sparito, mi sono preso i miei tempi

Anastasio, non sono sparito, mi sono preso i miei tempi

Esce il nuovo album, "un'opera rap. Vorrei portarla anche a teatro"

ROMA, 10 aprile 2025, 19:17

di Claudia Fascia

ANSACheck
Anastasio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Anastasio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Negli ultimi tre anni, dopo l'uscita dell'album Mielemedicina del 2022, si erano un po' perse le tracce di Anastasio. Un'era geologica per la discografia, un tempo congruo nel mondo di tutti i giorni per laurearsi (in Scienze agrarie, forestali e ambientali), per vivere, per semplicemente tirarsi fuori dal frullatore. "Esserci sempre è un danno - racconta all'ANSA l'artista 27enne di Meta, vincitore di X Factor nel 2018, che è tornato per presentare il suo nuovo album di inediti -. È naturale che uno possa non apparire per tre anni, che un artista si prenda i suoi tempi".

Il pensiero va subito ad altri suoi giovani colleghi, come Sangiovanni o Angelina Mango che hanno messo la loro carriera in pausa per un po'. "Hanno fatto benissimo. Come loro sono uscito da un talent ed ho avuto un successo istantaneo, pericoloso per la tenuta mentale. Oggi sono più maturo e ho fatto pace con tutto quello che considero 'esperienza', ma come loro ho vissuto il tritacarne, l'essere sballottato ovunque: non avevo i mezzi e la consapevolezza per gestire questo vortice. Ora sono tornato. Ma non ero sparito: il concetto di sparizione mi infastidisce. Avevo solo bisogno di tempo per scrivere quello che dovevo scrivere".

E quello che "doveva scrivere" è Le Macchine Non Possono Pregare, un album "semplice, ma non facile. Anzi, complesso". È il terzo della sua carriera, ma il primo senza una major alle spalle (è pubblicato da Woodworm). "Di certo è un album molto più libero, e da una parte è stato il più facile, perché mi sono divertito come mai prima; dall'altra è anche il più difficile, perché è stata più difficile la sfida. È una storia, un'epopea, un'opera rap. Con un inizio e una fine, un racconto che si sviluppa in capitoli, ovvero i brani dell'album, e in una progressione temporale. C'è un'evoluzione del personaggio. È stato un lavoro molto stimolante: il risultato è quasi una drammaturgia".

Un racconto così tangibile che Le Macchine Non Possono Pregare non sarà solo un disco, ma farà parte di un progetto più ampio che comprenderà anche una graphic novel pubblicata da Edizioni BD. Ma Anastasio non pensa di fermarsi qui: "Mi piacerebbe portarlo anche a teatro, ci sto lavorando. Non so se sarò la voce narrante, di certo sarò il protagonista - anticipa all'ANSA -. Quando mi è stata chiara la storia, ho capito che aveva un potenziale crossmediale".

Un lavoro in cui ha ritrovato una libertà totale. "Dall'esterno ho avuto zero pressioni - quelle non aiutano mai, almeno non aiutano me -, non dovevo dare conto a nessuno. Ho scritto tutto da solo e poi il resto, dalla produzione al management, è venuto dopo, a prodotto finito. Con l'album in mano ho costruito la squadra intorno a me". Nel mirino finisce il mondo discografico, "scienziati e ragionieri, in cui metto anche gli artisti stessi, che stanno lì a misurare la lunghezza di un brano o a decidere quanto può essere capito o no. Ormai c'è un modello unico per costruire una canzone: una intro corta, sempre più corta, poi la strofa il ritornello, la strofa, lo special e il ritornello. Si sa che funziona perché abbiamo a che fare con un ascoltatore distratto. Ma io non credo che sia l'unico ascoltatore che esiste. È un insulto alla mia intelligenza e a quella dell'ascoltatore. Venire troppo incontro a chi ascolta diventa un guaio: abbassa il livello della musica".

Lui, rapper e cantautore ("ma le definizioni vanno oltre il mezzo, io sono un ibrido"), rivendica "canzoni storte". "Io non sono capace a fare musica di sottofondo". E racconta che all'inizio del suo percorso c'è stato un errore di fondo: "Sono passato da X Factor, dalla porta principe del pop, e poi da Sanremo, e questo ha generato malintesi: non mi interessa il mezzo, ma mi sono sentito un imbucato perché non sono un cavallo di razza popstar. Non appartengo al mondo pop, e se all'inizio ho cercato un compromesso, seppure declinato alla mia maniera, questo mi ha limitato. Fare numeri pop era una pressione. Non ho paura di eclissarmi, come di apparire, se serve a dire quello che sono convinto di dire. Tornerei anche a Sanremo: il compromesso non è andare in questi posti, ma cambiare per andarci".

Oggi di musica ne viene prodotta tanta, forse anche troppa e in certi casi accusata di non dare i giusti messaggi. "Sì, ma non mi sognerei mai un ente di selezione musicale. I social e internet non sono più una democrazia, come la intendevamo. Citando Carmelo Bene, nessuno vuole votare, ma tutti vogliono candidarsi. E sul ruolo della musica, voglio stare lontano dal discorso che possa educare. Io, in quanto artista, mi riservo il diritto di diseducare. Tutto ha un effetto: la libertà si porta dietro vari pericoli, ma la libertà è importante e non ci voglio rinunciare". 

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