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Inchiesta Gintoneria, 'cliente più assiduo versò un milione'

Inchiesta Gintoneria, 'cliente più assiduo versò un milione'

Testimonianze e nuovi atti. Nobile ricorre su sequestro di soldi

MILANO, 07 aprile 2025, 13:25

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Avrebbe continuato a versare denaro per quei "pacchetti" fatti di bottiglie di pregio, ma soprattutto cocaina ed escort, fino a pochi giorni prima degli arresti di Davide Lacerenza e Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, e di un loro presunto factotum, fino ad un totale, in tre anni, di circa un milione di euro. La nuova cifra che avrebbe pagato il rampollo di una ricca famiglia, il "cliente" più assiduo dei presunti servizi illeciti offerti dalla Gintoneria di Milano e dal privé La Malmaison, risulta da atti depositati nell'inchiesta per l'udienza che si è tenuta oggi al Riesame per Nobile su un provvedimento di sequestro di soldi.
    Dagli atti degli arresti del 4 marzo era venuto a galla che il cliente principale, quello da cui era partita l'indagine, condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e coordinata dalla pm Francesca Crupi, per via di segnalazioni per operazioni sospette da parte dell'Unità di Informazione Finanziaria di Bankitalia sui conti di Lacerenza, aveva versato in circa tre anni e mezzo, dal 2020 al settembre 2023, oltre 641 mila euro.
    Altre centinaia di migliaia di euro sono saltati fuori da ulteriori accertamenti bancari e poi, come chiarito anche in una recente testimonianza dell'uomo, disoccupato dal 2008 e con una grande patrimonio di famiglia, il totale dei versamenti è salito ad un milione di euro. Soldi versati pure fino ad un paio di giorni prima degli arresti, come riferito dal cliente che aveva continuato a pagare per quei servizi. E anche con "delivery", ossia gli arrivava tutto a casa.
    Oggi, davanti al Riesame, Nobile, ai domiciliari e col legale Liborio Cataliotti, ha chiesto la revoca di quel provvedimento di sequestro da circa 900mila euro disposto dalla Procura e poi confermato dal gip. In realtà, rispetto a quel presunto profitto dell'autoriciclaggio, gli investigatori sono riusciti a rintracciare solo circa 80mila euro, di cui 33mila trovati su un conto in Lituania.
   

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