La Disney fa retromarcia e prende
le distanze dalla controversa legge della Florida che vieta di
affrontare temi gay nelle scuole elementari, ma lo staff rincara
la dose: in una lettera aperta distribuita a "Variety" e
all'"Hollywood Reporter", un gruppo di dipendenti Lgbqt della
Pixar, lo studio di animazione che fa capo alla casa di
Topolino, ha denunciato come "vuote" le parole del Ceo Bob
Chapek e aggiunto che "per ordine dei vertici, quasi ogni
momento di aperto affetto gay viene censurato senza tener conto
di eventuali proteste da parte dei team creativi e della
leadership".
L'aperta protesta dello staff rientra in una più vasta
reazione al memorandum inviato lunedì dall'amministratore
delegato in risposta alla legge "Don't Say Gay". Chapek aveva
affermato che le parole non bastano, e anzi possono avere un
effetto controproducente, mentre "l'impatto più forte" che gli
studi possono avere per "creare un mondo più inclusivo è
attraverso i contenuti che produciamo".
Parole "vuote", dopo un silenzio giudicato colpevole dai
dipendenti della Disney durante le fasi che hanno portato
all'approvazione della legge. "Noi alla Pixar abbiamo visto con
i nostri occhi bellissime storie, piene di personaggi diversi,
tornati indietro in briciole rispetto a quel che erano dopo
esser passati attraverso le revisioni dell'azienda", si legge
nella lettera: "Se creare contenuti Lgbtq poteva essere una
risposta concreta a una legge discriminatoria, ci è stato
impedito di darla".
Finora la Pixar ha introdotto pochissimi personaggi gay nei
suoi lungometraggi animati: l'ultimo nel 2020 fu in "Onward" in
cui Lena Waithe dà la voce a una poliziotta da un occhio solo
che obliquamente fa riferimento alla "sua ragazza". Quel film è
ancora al bando in Kuwait, Oman, Qatar e Arabia Saudita mentre
in Russia è uscito con la parola "ragazza" tradotta con il più
neutro "partner".
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