"Nessun dorma" dentro la Ue, dopo i dazi americani siamo arrivati "al punto di rottura" e "l'immobilismo non è più un'opzione". Mario Draghi e Sergio Mattarella, l'uno dopo l'altro, il primo più tecnico, il secondo più politico, lanciano l'allarme alla politica europea: ora o mai più, l'Europa deve agire perchè il mondo non sarà mai più come prima. La cornice di questo doppio appello è la splendida Coimbra, antica capitale portoghese. Il foro perfetto per parlare dei ritardi europei è il Cotec che da anni scandaglia le sfide tecnologiche e politiche che si affacciano nel vecchio Continente.
Ma mai come oggi è risultato chiaro che non si è parlato di futuro ma di presente. Un presente cupo che l'ex premier tratteggia con crudo realismo - "lo shock politico proveniente dagli Stati Uniti è enorme" - snocciolando dati impietosi che il presidente traduce in richiami politici. Tra questi il più attuale è la richiesta di entrambi di costruire una politica di Difesa europea. "Gli eventi più recenti rappresentano un punto di rottura. L'uso massiccio di azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e il definitivo esautoramento del Wto hanno minato l'ordine multilaterale in modo difficilmente reversibile", scandisce Draghi davanti a Mattarella, al re di Spagna Felipe VI e al padrone di casa il presidente Marcelo Rebelo de Sousa.
"Che l'Europa agisca è prioritario, perché stare fermi non è più un'opzione", gli fa eco il capo dello Stato che denuncia "i rischi dell'immobilismo in termini di arretramento nelle condizioni materiali di benessere diffuso". Parla di "sfida epocale" Sergio Mattarella: "una sfida per il nostro continente, tanto più urgente se raffrontata a recenti evoluzioni negli equilibri mondiali". Il filo del ragionamento è comune tra l'ex premier ed il presidente: Draghi produce numeri per puntellare le sue preoccupazioni e parte proprio dai dazi: "è un azzardo credere che il commercio con gli Stati Uniti tornerà alla normalità dopo una rottura unilaterale così importante di questa relazione, o che nuovi mercati cresceranno abbastanza velocemente da colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti. Se l'Europa - avverte l'ex governatore della Bce - vuole davvero dipendere meno dalla crescita statunitense, dovrà produrla da sola".
Una crescita che difficilmente potrà rianimarsi con le politiche salariali europee. Draghi infatti sottolinea: "abbiamo fatto uno sforzo deliberato per sopprimere la crescita dei salari e aumentare la competitività esterna. I nostri salari reali non sono riusciti a tenere il passo anche con la nostra lenta produttività, mentre i salari reali statunitensi sono aumentati di 9 punti percentuali in più rispetto a quelli dell'area dell'euro in questo periodo".
Il professor Draghi poi mette il dito nella piaga - sanguinante parecchio proprio in Italia - del caro energia che tanto infastidisce Confindustria: "i prezzi elevati dell'energia e le carenze della rete sono, in primo luogo, una minaccia per la sopravvivenza della nostra industria, un ostacolo importante alla nostra competitività e un onere insostenibile per le nostre famiglie". Impossibile oggi non fare avanti ed indietro, saltare dal discorso di Draghi a quello di Mattarella. E' necessaria, raddoppia il presidente, "una strategia che ponga al centro la sicurezza degli approvvigionamenti. Ciò significa stringere accordi con partner affidabili per assicurare forniture stabili".
Il momento è "difficile", aggiunge ancora giudicando ottimo il piano europeo per attrarre talenti e cervelli in Europa. Infine, come poteva Mattarella non chiudere il suo intervento con un elogio dell'Europa che brilla nel panorama mondiale di questi tempi? "L'Unione si erge su solide fondamenta: un'economia di mercato aperta; un quadro giuridico affidabile; una concezione di Stato di diritto saldamente ancorata a una convinta tradizione democratica; politiche di redistribuzione attive ispirate al principio di solidarietà". "Occorre essere orgogliosi di questa "eccezionalità europea", è la chiusa di una giornata dove Italia, Spagna e Portogallo hanno dimostrato di essere il fianco sud propulsivo dell'Europa. Il tenore poco prima intonava nel convento di san Francesco di Coimbra la romanza di Puccini "Nessun dorma", il presidente pensava all'Europa.
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