In duecento pagine la storia della scuola ematologica perugina, della sua eccellenza, del suo impegno dalla metà degli anni Ottanta ad oggi sul fronte delle terapie e del trapianto di midollo osseo. Una "avventura scientifica" che l'ematologo Massimo Fabrizio Martelli e il giornalista Gianfranco Ricci hanno voluto raccontare in un volume dal titolo: "Il trapianto di midollo osseo oltre la barriera della compatibilità", presentato a Perugia, il cui ricavato andrà al Comitato per la vita Daniele Chianelli.
Il libro propone pagine scientifiche firmate dai professori Massimo Fabrizio Martelli, Yair Reisner e Brunangelo Falini, ma ospita anche interviste che approfondiscono aspetti professionali e umani di un gruppo di studiosi' che negli anni, con innovazione, coraggio e determinazione, hanno garantito la costante crescita del centro ematologico perugino. Tra gli ospiti, dagli Stati Uniti, anche il professor Yair Reisner, considerato uno tra i più prestigiosi ematologi del mondo.
Durante l'incontro anche la testimonianza commossa di decine di pazienti che, da tutta Italia e dall'estero, hanno ritrovato la vita a Perugia sottoponendosi a terapie e trapianti di midollo osseo dal 1993, anno del primo 'storico' trapianto da donatore non compatibile realizzato dall'equipe del professor Martelli, ad oggi. "L'attività trapiantologica nel nostro centro - ha ricordato Martelli -, è iniziata nel 1985, ma nel 1993, per la prima volta, nella letteratura internazionale si è dimostrato come fosse possibile effettuare un trapianto di midollo da donatore famigliare parzialmente compatibile. Un successo che deriva da tutta una serie di studi nei modelli sperimentali e da una collaborazione stretta con l'Istituto Weizmann di Israele. Negli ultimi dieci anni l'altro obiettivo è stato quello di rendere il trapianto di midollo più efficace e meno rischioso". "Le nuove frontiere della ematologia sono quelle della medicina di precisione - ha spiegato Brunangelo Falini, direttore della struttura complessa di ematologia con trapianto di midollo osseo dell'ospedale di Perugia -, cioè di quella forma di medicina che va a cercare di identificare le lesioni genetiche che stanno alla base dei tumori ematologici, nel tentativo di identificare nuovi bersagli dal punto di vista diagnostico e terapeutico. Queste tecnologie hanno permesso anche di mettere a punto delle terapie specifiche con farmaci intelligenti che consentono la cura di malattie come la leucemia acuta promielocitica, la leucemia mieloide cronica e, nel nostro istituto, la leucemia a cellule capellute". Falini ha ricordato il "lavoro di squadra" e il "ruolo importante" di medici ricercatori come Franco Aversa, Andrea Velardi, Antonio Tabilio, Franca Falzetti, Alessandra Carotti e Adelmo Terenzi. "La storia dell'ematologia di Perugia non poteva non essere raccontata - ha detto il giornalista Gianfranco Ricci -. Una storia che propone la forza sinergica di una squadra meravigliosa che ha contribuito a fare grande il centro".
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