Francesco Cavallari, ex re Mida della
sanità privata barese morto nel 2021 a Santo Domingo, non è un
mafioso: la Corte d'appello di Lecce ha revocato stasera la
sentenza di patteggiamento a 22 mesi di reclusione nei suoi
confronti, limitatamente al reato di associazione mafiosa,
confermandola per gli epsiodi di corruzione e falso in bilancio.
I giudici, decidendo sulle richieste di revisione del processo
avanzate dai figli di Cavallari, Daniela e Alceste, hanno
assolto Francesco Cavallari, ex presidente delle Case di Cura
Riunite (Ccr), dall'associazione mafiosa "perché il fatto non
sussiste" e hanno rideterminato la pena fissandola ad un anno e
quattro mesi di reclusione. La sentenza di patteggiamento della
pena di Cavallari risale al 30 giugno del 1995 ed è diventata
definitiva il 20 marzo del 1996.
Cavallari è l'unico degli imputati coinvolti nell'operazione
'Speranza', sul mai provato intreccio tra mafia, affari e
politica nella gestione delle Ccr, ad aver ricevuto una condanna
per associazione mafiosa. Nel 1995, infatti, gli fu applicata
con patteggiamento la pena a 22 mesi di reclusione per
associazione mafiosa, falso in bilancio e corruzione, con
conseguente confisca del patrimonio per 350 miliari di lire che
derivava proprio dal reato di mafia. Tuttavia, nel corso gli
anni, tutti gli altri imputati accusati di associazione mafiosa
sono stati assolti. Ultimi, nel maggio 2021, l'ex manager barese
delle Ccr Paolo Biallo (deceduto nel dicembre 2019) e il boss
mafioso barese Savino Parisi. Da qui la richiesta di revoca
dell'applicazione della pena per Cavallari per mafia avanzata
dai figli attraverso gli avvocati Gaetano Sassanelli e Mario
Malcangi.
La revisione del processo potrebbe aprire la strada alla
restituzione dell'ingente patrimonio confiscato o una domanda di
risarcimento per i danni subiti.
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